LIVIO DI BLASI

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“Questa è la storia di Graphite: il sogno di un sognatore innamorato dell’informatica e dell’attività organizzativa vista non come “burocrazia aziendale” ma come sistema per aiutare le aziende a crescere.

Un progetto fatto di tanta passione e realizzato insieme a tutto il gruppo di collaboratori e soci che lo hanno condiviso.

Da ragazzo, mentre lavoravo come magazziniere in un mobilificio, un amico comprò un Commodore VIC 20. A scuola avevo studiato elettronica e per questa ragione lui era convinto che “automaticamente” io sapessi come far funzionare qualunque cosa avesse una spina. Mi chiese quindi di spiegargli come farlo funzionare. Io che non avevo mai visto un computer in vita mia – e che ne avevo una pessima opinione, in quanto nel mobilificio dove lavoravo lo avevano introdotto da poco tempo, creando un sacco di problemi – mi misi a leggerne il manuale di istruzioni, per cercare di capire come accenderlo e usarlo. Il mio amico lo aveva comprato per giocare con i primi video games.

Ma in poco tempo io intuii le potenzialità che poteva avere un computer e una nuova visione della vita e del lavoro si svelò ai miei occhi.

Così mi comprai subito un VIC 20 e cominciai a studiare il linguaggio di programmazione BASIC. Nei mesi successivi spesi più di 2/3 del mio stipendio mensile per comprare in ordine: un Commodore C64 (ancora gelosamente posseduto), un Apple II C, un Amiga, uno Sinclair ZX Spectrum e tutte le riviste e libri di informatica che trovavo in edicola e che spiegassero come programmare un computer. Un vero e proprio innamoramento!

Di giorno lavoravo e di notte studiavo questa nuova realtà… spesso fino a notte fonda, facendo incavolare mia madre.

Le mie notti erano dedicate alle studio dei linguaggi di programmazione: BASIC, PASCAL, ASSEMBLER ecc.

In fabbrica venivo preso in giro dai colleghi a dal capo reparto “Ma cosa vuoi imparare… sei un operaio e morirai operaio”…

Un giorno trovai una scuola privata che teneva dei corsi di programmazione: feci un prestito in banca per pagare il corso e mi iscrissi. Il corso doveva durare 6 mesi. Dopo 3 mesi, il docente – stufo delle mie continue correzioni – mi disse: “Ho trovato un’azienda che cerca del personale per la programmazione. Ti ho segnalato così finalmente ti togli dalle ….”. Feci il colloquio.

Per andare a lavorare da loro, visto che mi avrebbero insegnato il lavoro, passai da uno stipendio da operaio a quello di un libero professionista (quasi a zero), ma trovai delle persone che mi insegnarono veramente il mestiere. I primi clienti furono le più grosse aziende italiane e multinazionali. Mi feci veramente le ossa.

Sviluppai sistemi di logistica, ordini, produzione, grafica, ecc. Lavoravo su computer tra i più grandi del mondo. Da programmatore diventai un microanalista, poi un macroanalista… A quei tempi era ancora permesso fare le analisi prima di fare i programmi, mentre oggi sembra una cosa che costa e non necessaria. L’azienda per cui lavoravo crebbe da 4 programmatori a oltre 80 staff.

Ma nel mio cuore erano rimasti i micro computer. All’arrivo dei primi personal computer mi ci buttai a capofitto studiando sistemi come UNIX, XENIX, NOVELL, MS-DOS, IOS, ecc. e linguaggi di programmazione che oggi non si sentono neanche più nominare. Volevo essere il migliore. Studiavo tutto quello che era possibile. Sviluppai alcune delle prime soluzioni per fare colloquiare i personal computer con i mainframe (computer o sistema centrale: è una tipologia di computer caratterizzata da prestazioni di elaborazione di alto livello di tipo centralizzato).
All’interno di quell’azienda divenni responsabile della mia area e raggiunsi un livello di responsabilità. Ma la cosa non mi bastava. Volevo qualcosa che mettesse le mie capacità alla prova dei fatti: volevo costruire un ambiente di lavoro dove le persone potessero crescere come era successo a me per le proprie capacità e non per “anzianità”.

Quindi fu normale evoluzione quella di creare qualcosa di mio.

Avevo un sogno: usare l’informatica e le mie conoscenze in modo attivo e non aspettando che i clienti chiedessero soluzioni ai loro problemi, oltre ad insegnare ad altri ragazzi quello che avevo imparato a mia volta perchè potessero avere la possibilità di vivere in questo affascinante mondo, perchè purtroppo ancora oggi le scuole non sono in grado di formare specialisti tecnici all’altezza delle richieste del mercato – del mondo del lavoro.
Così nacque Graphite. Graphite (il nome è l’acronimo di GRAPHics and Information TEchnology) fu fondata da me ed un mio socio.

Nel giro di un paio di anni crebbe velocemente realizzando delle soluzioni innovative nel settore della meccanica – soluzioni ancora oggi all’avanguardia.

Alcuni miei clienti di allora, che credettero in noi, sono oggi leader mondiali nel loro settore.

Diventammo formatori a livello italiano delle software house in tecnologie innovative. Ancora oggi questo fa parte del nostro lavoro.
Ma mi accorsi presto che essere un dipendente anche se con ruolo di dirigente è diverso da essere il titolare di un’azienda. E dovetti imparare un nuovo mestiere.
Ho studiato varie tecnologie e metodologie di organizzazione e molte le ho apprese da titolari di altre aziende di successo; a volte imprenditori che avevano completato solo la terza media mi hanno insegnato know how più prezioso che quello insegnato da consulenti laureati.
Tutto è stato vagliato, messo in discussione e testato sul campo: ciò che ha funzionato è ancora in uso e ciò che non ha funzionato è stato messo da parte.
Oggi tutta questa esperienza mi aiuta a dare aiuto alle aziende con cui collaboriamo.
E’ stato molto bello quando un giorno chiedendo ad un mio cliente cosa apprezzasse di Graphite, mi rispose: “Graphite per me è un problem solver. Qualunque problema vi abbia posto, lo avete risolto. Non siete solo “consulenti”. I consulenti che ho usato fino ad oggi hanno risolto i loro problemi “economici” ma non i miei, costandomi molti soldi”.
E’ da allora che tengo a dire che non siamo consulenti. Purtroppo il termine consulente ha assunto un’accezione negativa – almeno tra i miei clienti – di qualcuno che si “piazza in azienda” e si fa pagare, ma non sempre produce risultati.
Per dimostrarvelo vi chiedo: “avete mai usato un consulente di marketing? Se si, vi ha insegnato cos’è il marketing, le tecniche, le regole, ecc. e vi ha reso autonomi o avete sempre bisogno di lui per fare marketing? Le vostre vendite sono aumentate dopo un suointervento?”. Un intervento di un consulente deve sempre essere misurabile.
Noi non vogliamo essere consulenti ma partner dei nostri clienti nel trovare le migliori soluzioni ai loro problemi. Ecco perché ci siamo circondati di collaboratori e fornitori che la pensano come noi.
Siamo bravi a fare il nostro mestiere e siamo un gruppo che ama il proprio lavoro e i propri clienti. Lavoriamo sodo e otteniamo risultati.
Abbiamo clienti dalla Sicilia al Trentino e dal Veneto al Piemonte.
Offriamo i nostri servizi nei settori più diversi.
Realizziamo soluzioni innovative che vengono usate da molti clienti.
Produciamo risultati!

Ma non voglio che crediate alle mie parole! Voglio che siano i nostri clienti a raccontarvelo. Ecco perché questo sito non è una presentazione di prodotti ma il racconto di storie raccontate dai nostri clienti.
E se siete arrivati a leggere fino a questo punto – oltre a dimostrare di avere una grandissima pazienza – vorrei che prossimamente ci siate anche voi tra le nostre più preziose case histories e storie di successo!

Un grande ringraziamento va ai miei socie e ai miei dipendenti – che sono anche miei amici – per avere permesso che questo sogno si realizzasse e mi auguro di cuore che Graphite sia un posto dove anche tutti loro possano realizzare i propri sogni.

Grazie di cuore.”

Livio Di Blasi